Ciao DIEGO, il mio SALUTO a una straordinaria LEGGENDA.
Leggenda, è sicuramente il termine più appropriato per definire colui che non è stato solo un grandissimo giocatore di calcio, ma a detta di molti, il migliore giocatore della storia. Ci lascia Diego Armando Maradona dopo aver compiuto da pochissimo sessant’anni, contraddistinti da enormi successi professionali ed altrettanti eccessi fuori dal terreno di gioco. Un uomo fragile, che ha sempre trovato sul prato verde la sua sana valvola di sfogo, complice una vita che, seppur privilegiata, non l’ha mai risparmiato dalle più forvianti tentazioni negative e controproducenti. In questo ultimo saluto però si vuole ricordare più l’aspetto sportivo del “Pibe de oro”, che lo vide esordire già a sedici anni nella prima squadra dell’Argentinos Junior, “equipo” della città di Buenos Aires, per poi consacrare la sua carriera qualche stagione più in là con la maglia blaugrana del Barcellona, indossata per due stagioni. Era l’estate del 1984 e Diego, dopo un onerosissima operazione, tra le più grandiose e sperate ambizioni dei tifosi, passò al Napoli di Ferlaino, il resto è storia. Nel 1987 porta i partenopei alla conquista del primo scudetto della storia del club, scontrandosi con i giganti del passato, il Milan degli olandesi su tutti, entrando di diritto tra i monumenti umani della città campana. Napoli, che l’ha sempre protetto, inneggiato, omaggiato, in queste ore lo piange e lo ricorda, con la vigliacca pandemia in atto da ormai un anno, che non ha frenato la grande affluenza se pur ordinata dei tifosi parteonopei, per omaggiare il loro “Dios” davanti a quello stadio, che mai come ora dev’essere di diritto intitolato a lui. Si può benissimo definirlo esteta di questo sport, con i suoi riscaldamenti show bizzarri, ma allo stesso tempo incantevoli, con la sua maglia numero dieci, che da quel momento in poi diventò simbolo di classe e inventiva all’interno di un campo da gioco e il suo piede mancino fatato da cui partivano pennellate da posizioni impossibili. Se ne va così Diego Armando, a poche settimane da un delicato intervento alla testa, che aveva superato alla grande, come tutte le sue disavventure della vita. Un eterno amore per il calcio, che proseguì anche da commissario tecnico della sua Albiceleste, con cui avrebbe tanto voluto replicare il successo ottenuto da giocatore a Messico ’86, da cui poi ne uscì celebre con la famigerata “mano de dios”. In una recente un’intervista disse che sulla sua lapide avrebbe voluto leggere la scritta “grazie pallone”, un messaggio semplice, apparentemente banale, ma che racchiude un omaggio verso un semplice oggetto di forma sferica, che lo ha accompagnato e fatto diventare quello che è stato e rimarrà per sempre, una leggenda. Ciao Diego.